mercoledì 24 aprile 2013

A KARACI la vita è merce deperibile (Pakistan)

Mi  recai a Karaci, nota come “La città delle luci”, e“ La sposa delle Città”, nel 1997 poco dopo le elezioni che portarono nuovamente Nawaz Sharif ad essere primo ministro. (Allora era in atto un gioco delle alternanze fra Benazyr Buttu e Nawaz Sharif. Ricordo che l’ampio consenso ricevuto durante l’elezione, gli consentì di ottenere un numero tale di seggi nel parlamento, tanto da modificare la costituzione, al fine di eliminare i controlli formali che limitavano il potere al primo ministro. Il sempre più crescente autoritarismo , l’esplicitazione della corruzione, portarono  ad una vasta sollevazione popolare, culminata nel colpo militare del generale Pervez Mussharraf.  In breve tempo le masse si riversarono nelle strade, nel porto , sfociando ben presto in veri e propri  sommosse popolari. La folla si incendiò facilmente e li fu subito cenere.
 Tornai in  un momento di apparente tranquillità socio-politica. Karaci è una città  tentacolare di venti  milioni di abitanti; nelle sue strade, ogni giorno si riversano milioni di abitanti. Nei loro spostamenti il traffico è indescrivibile, a noi occidentali non sono sufficienti i cinque sensi dei quali disponiamo. Ci si deve affidare all’istinto, per muoversi, per attraversare, per cambiare corsia. Se si supera questa difficoltà  e il rischio di restare gasati, si arriva a destinazione sordi ma, tutto sommato vivi.
Oggi 2013 a seguito delle prossime elezioni  legislative che si terranno l’11maggio il clima è piombato in una tensione estrema. La violenza si sta estendendo in tutto il Paese  a tutte le comunità ( sciiti, sunniti, buddisti, cristiani).
A Karaci gli assassinii  sono parte della vita quotidiana , racconta Ashraf Khan, giornalista che vive in questa città. Ed in un racconto riportato anche su autorevoli articoli di stampa internazionale, racconta una giornata come tante altre , ma per alcuni una giornata drammatica.
Laik Hussein gira in moto con in sella un amico, quando vengono presi di mira da un cecchino nascosto in uno dei tanti palazzi della città. La pallottola gli perfora  la tempia destra facendo fuoriuscire gli occhi, “Credevo di essere stato colpito alla testa da un sasso appuntito” racconta. Il suo amico ha capito immediatamente quanto stava per succedergli ma, questo non gli ha salvato la vita. “Mi ha implorato di recitare i versetti sacri del corano, in quell’esatto momento ho capito che eravamo stati colpiti da un fucile dotato di silenziatore”. Laik Hussein è membro del direttivo di un gruppo radicale sunnita oggi è cieco.
Il suo compagno di motocicletta è uno dei duemilaquattrocento abitanti di Karaci uccisi in mezzo alla strada, per caso, o rapiti o  torturati a morte nel 2012.
Questi assassinii mirati stanno diventando un vero e proprio incubo quotidiano ,per gli abitanti per la capitale economica del Pakistan. Questa situazione è stata generata dall’insicurezza  galoppante e della incapacità della polizia. “Stavamo guardando in televisione le ultime notizie su questi assassinii mirati, pensando con tristezza ai genitori che avevano perso i loro figli”- testimonia  Fatima Tanvir , una madre vestita a lutto, “
Proprio in quel momento  qualcuno ha bussato alla porta, per dirci che nostro figlio era tra le vittime. Si sarebbe dovuto sposare dopo qualche mese”.Questa ondata, pare inarrestabile di omicidi ,a parere della Presidente della commissione  pakistana dei diritti umani Zohra Yusuf, sarebbe legata all’aumento della violenza nei confronti delle religioni, anche se le motivazioni politiche, soprattutto quelle legate a scopo di lucro, ne aggravano il fenomeno. Su oltre duemila omicidi mirati, solo trecento sono stati segnalati alla polizia come tali. Ma aldilà delle motivazioni religiose o criminali , ogni cittadino teme per la propria vita quando esce di casa. “La vita è una merce deperibile”, afferma un dirigente di una società privata, che ha due figli, che sogna per loro una laurea, un futuro diverso ma che, ogniqualvolta escono di casa teme  di non vederli più rientrare. Uno dei modi più sicuri di perdere la vita è aggrapparsi al proprio cellulare quando un ladro tenta di impossessarsene. Ucciderà la sua preda prima di dileguarsi.
Molti vedono nell’insicurezza ambientale, una forma di protesta che sfocerà in una rivoluzione certa.
Il caos indebolisce l’economia, molte aziende chiudono o si trasferiscono, privando della sussistenza centinaia di migliaia di famiglie. Questi effetti cumulativi dell’instabilità nazionale, la penuria cronica di elettricità (la crisi dell’elettricità a fatto perdere al paese più di un miliardo di dollari agli esportatori)ha dato vita ad una delocalizzazione verso il Bangladesh e la Malesia. “Quando la tua esistenza, i tuoi beni, i tuoi affari non sono al sicuro, rischi una morte economica che non ti lascia scelta se non quella di lasciare la  lasciare tutto ed andartene”.Per restare vivi molti hanno scelto di pagare alle gang una busta mensile pretesa per la loro protezione” aggiunge Atiq Mir presidente dell’Associazione dei Commercianti di Karaci.
“Il governo ha fallito totalmente nel proteggerci. Tutto avviene come se la città stesse per cadere nelle mani dei banditi, che controllano la maggior parte dei quartieri”. La città portuale negli anni si è trasformata in campo di battaglia per gruppi criminali implicati nel traffico, di armi, droga e di esseri umani. Naturalmente sono le fratture etniche e politiche che attizzano la violenza supportate dall’inerzia della polizia.
Su questi basi quale cambiamento seppur modesto si può sperare verso una giusta direzione?
                                                       


                                                                     

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