giovedì 3 luglio 2014

Spazio di confine: Un viaggio non ha confini - Marrakech : la Perla ...

Spazio di confine: Un viaggio non ha confini - Marrakech : la Perla ...: " Sento un profumo: un profumo nuovo dal sapore d'antico. Alzo lo sguardo e appoggiato sul tavolino, ai piedi del letto, scorgo un ...

Un viaggio non ha confini - Marrakech : la Perla del Marocco

" Sento un profumo: un profumo nuovo dal sapore d'antico. Alzo lo sguardo e appoggiato sul tavolino, ai piedi del letto, scorgo un tondo vassoio di rame con due pani ,della stessa forma, calore e colore del sole d'agosto. Come è dolce svegliarsi in Marocco".
Di questo viaggio non ricordo la data ma posso dirvi che non è ancora terminato.
Amo questo Paese ed amo abbandonarmi ai suoi luoghi.
Il Marocco, che non consente riposo ai cinque sensi: forme, colori, profumi, suoni e sapori non danno respiro. Li conservo sempre con piacevole nostalgia.
Qui il fascino dell'esotismo che ha stregato Delacroix e Matisse, lo ritrovo negli occhi scuri delle donne berbere e nelle case di Marrakech: la " perla rosa".
Proprio di questa città vorrei raccontarvi, della sua parte più esposta e segreta: il suk e Piazza Djema el-Fna. Suppongo sia il mio primo incontro con la città e rimango colpita dalle mura che corrono per dodici chilometri intorno alla medina,la città vecchia e dai Monti dell'Atlante che la incorniciano.
Ma sono certa che avverrà oltre queste mura il vero incontro con la città. Varcata la porta moresca mi inoltro nel souk; è più piccolo e più intimo di quelli di Fès e Mèknes, ma proprio per questo più accattivante.
Vedo turisti  agitarsi nella  ricerca di esotici acquisti,  mentre i malachiti (gli abitanti di Marrakech) lo attraversano con l'indifferenza data dalla necessità.
Qui si trova un po' di tutto, dagli abiti alle scarpe, dalle verdure agli ori.
Un anziano signore mi racconta che in origine era diviso in varie sezioni, con veri confini che portavano il nome legati alle attività che vi si svolgevano. Ricorda che c'era il suk  el Kebir  per le maroquinerie, il souK Laghzal era quello dei lanieri, mentre per la terracotta c'era il souk el Fakharine. Ora tutto è sfumato, con il risultato di un pout- pourri di stradine, piazzette,e passaggi coperti, dove gli antiquari si mescolano agli speziali, e gli argentieri ai venditori di chincaglierie.
Ma vi assicuro che se affrontate il tutto con la curiosità, una piccola dose di pazienza e ben predisposti al sorriso, verrete sicuramente invitati a bere una tazza di te, offerta dai venditori.
Ed ogni venditore ha una merce speciale ed un te particolare. Se sopravvivete alla decima tazza di te, e al rito del contrattare il prezzo di qualunque oggetto posto in vendita....certo per alcuni sarà un'esperienza estenuante ma, per i più esaltante!
Dimenticavo che il suk è un luogo dove anche perdersi è divertente  e per nulla pericoloso.
Ma dov'è il palcoscenico più folle ed ammaliante di questa città?  Se imbocco questo angusto quanto  breve passaggio dovrei trovarmi.....
Ah eccola!!Piazza  Djemna el - Fna. Passeggio, adeguando la mia andatura a quella della folla e spostandomi ai bordi dove decine di venditori offrono la loro "mercanzia" per terra, appoggiata sopra teli di plastica. Giocattoli, orologi, erbe, menta...tanta tanta menta. Vestiti dalle molteplici fogge di prima, seconda terza , tante mani che non si possono contare. Al centro della piazza troneggiano decine di pentole fumanti, poste su fornelli  alquanto posticci, i cui  proprietari si avvicendano attorno alle file dei banchetti irregolari, affinché tutto sia pronto per l'ora di cena. Altri banchetti , per pochi dirham (moneta locale), offrono l'opportunità di gustare una fresca spremuta d'arancia: l'energia sufficiente per continuare in questo percorso fuori dal tempo.
Girovagando per la Piazza noto seduti o sdraiati per terra vecchi, donne con in braccio e lungo i fianchi un bambino, che allungano la mano per chiedere qualche moneta. Quasi tutti indossano lo stesso cafetano pesante e e usurato dal tempo.  La maggior parte delle donne ha il volto velato, dal quale traspare un profilo implorante. Una piccola folla è raccolta in estatico ascolto di un vecchio. Mi fermo. Mi siedo per terra. Colgo le sue espressioni, ma avverto il disagio di non comprenderne alcuna parola. Il vecchio, strisciando per terra mi si avvicina, con lo sguardo fisso sul mio volto, mi rivolge una domanda. Si ,colgo che è una domanda, ma non posso rispondere...non conosco ne l'arabo ne il berbero. Il vecchio alza il tono di voce quasi volesse gridare. Lo guardo, lo ascolto . Non voglio perdere nulla della forza di quel grido, seguo il suo sguardo e lui il mio, così fino alla fine del racconto. Solo alla fine, quando sto per alzarmi, si avvicina ancor più, si alza e accennando un rispettoso inchino, mi saluta con un  "Maa Salaam" (Vai in Pace) e la voce tonante è pura melodia.
 Si. andrò in pace, ma più tardi.
Percorro poco più di cento metri quando incontro i ciechi. Sono tanti i ciechi che si incontrano in Marocco, ma qui nella città rosa questi mendicanti si riuniscono seduti su di una panchina, a gruppi di sei o sette, pigiati l'uno contro l'altro recitano una struggente litania: il nome di Dio ripetuta all'infinito. Ciascuno tiene davanti a se una ciotola e quando un passante vi pone una moneta, questa passa di mano in mano, finché uno a turno se la mette nella propria tasca.
Arriva così l'ora del crepuscolo, la piazza esplode nei suoi mille colori, smorzati dal fumo che aleggia sui banchetti che  presto diventa una nube sempre più grande. Volgo le spalle alla piazza e d'incanto la Koutoubia (la moschea) è già illuminata a giorno e riesce ad ottenere tutta l'ammirazione che merita.
Ritorno con lo sguardo a prima, e m' accorgo che il palcoscenico è mutato. La sera ha ormai preso la scena. La folla e la confusione con essa, aumenta.
 Compaiono coloratissimi venditori d'acqua, incantatori di serpenti,. Giocolieri, equilibristi, piccole scimmie  addomesticate che salgono e scendono dalla spalla di chi loro la offre. Questo nuovo palcoscenico mi turba. Si è ora che rientri.
Da tanto avevo desiderato vivere questo fantastico, magico mondo. E così è stato.
Sulla via del ritorno mi sembra tutto irreale.
Ma a casa il sonno non tarda ad arrivare, accompagnato dal ricordo di un profumo: un profumo nuovo dal sapore d'antico.
Domani mi sveglierò ancora qui nella città rosa. Marrakech good night!

mercoledì 19 febbraio 2014

Ucraina - proteste sanguinose - Kiev è quasi guerra civile

Dallo scorso novembre Piazza Maidan di Kiev si presentava quale palcoscenico per accese manifestazioni di dissenso.
Da tale data infatti il governo ucraino aveva deciso di ritirarsi dalle trattative per la creazione di una zona di libero scambio con l'Europa. Gli ucraini europeisti hanno percepito la volontà  del presidente Vikctor Yanukovich , di portare il loro paese nelle braccia di Vladimir Putin, che vede nell'Ucraina un importante tassello della sua "Grande Russia".
All'inizio di quest'anno le manifestazioni avevano provocato una netta presa di posizione del governo, attraverso la promulgazione di leggi antiopposizione molto restrittive, le quali però hanno avviato una escalation del dissenso ancor più crude. La forza di tale opposizione è stata tale da ottenere la revoca di tali leggi, le dimissioni dell'esecutivo ucraino, eccezion fatta per il presidente. Il tutto presagiva una soluzione pacifica del conflitto.
Ma, l''accordo con la Russia in merito ad una linea di 2 miliardi di dollari aveva dato credito che con i prossimi voti parlamentari della settimana entrante, avrebbe preso vita  un governo filo-russo, lasciando poco margine a quello filo-europeista.
 A supporto di tale tesi la mancanza di aiuti finanziari promessi al governo  in carica, da parte dell'Europa e Stati Uniti che hanno invece supportato il movimento di opposizione.
Le manifestazioni di piazza sono a questo punto riprese.
Lo scorso martedì a seguito di  un ultimatum  lanciato dalle forze dell'ordine ai manifestanti di abbandonare Piazza Maidan, hanno spinto gli stessi verso i palazzi del potere.
Ieri il clima era veramente infuocato, tanto che i feroci scontri fra la polizia e i manifestanti hanno lasciato diverse decine di morti ed oltre duecento feriti., fra i quali anche l leader della protesta Oleksander Turchynov.
Quella di ieri è da considerarsi la più sanguinosa delle giornate di proteste da quando filo- europei e filo- russi hanno ripreso gli scontri. La situazione è degenerata da parte degli oppositori al governo, a seguito dell'utilizzo della polizia di proiettili veri.
Sono state segnalate esplosioni, copi di arma da fuoco e lancio di bombe molotov da parte  di alcuni manifestanti anti-governativi.
Il risultato è quello di una Piazza invasa e devastata dal fuoco e dalle fiamme.
Secondo alcune indiscrezioni l'unione Europea non esiterà a prendere misure contro i repressori della protesta, anche se la posizione della Germania è alquanto incerta, causa gli stretti rapporti commerciali con la Russia.
Non possiamo pensare ad una guerra in Ucraina, e che le tensioni createsi fra l'Occidente e la Russia , ripropongano lo spettro della Guerra Fredda.
La Russia non esisteva quando l'Ucraina e la sua capitale Kiev risplendevano.
Questo dovrebbe indurci a sostenere il popolo di Maidan, ora più che mai il cuore pulsante della nazione.
L'augurio è che riescano a dominare chi già si sente padrone di questa terra: Putin e il suo valletto Yanukovich.

giovedì 16 gennaio 2014

EGITTO: Nuova Costituzione: IL SILENZIO DEI GIOVANI

Nuova Costituzione: il silenzio dei giovani premia al-Sisi

Fonte :  ISPI 
Commentary di Francesca Paci
Giovedì 16 gennaio 2014

Tornato alle urne per la sesta volta in tre anni, l’Egitto avrà tra pochi giorni una nuova Costituzione che sostituisce quella a forte impronta islamista approvata poco più di un anno fa dal deposto nonché legittimamente eletto presidente Mohammed Morsi. Ma più che sui 247 articoli messi a punto a dicembre da una Commissione di 50 membri, il referendum chiedeva l’approvazione del paese sull’operato del ministro della Difesa al-Sisi, architetto del golpe popolare dell’estate scorsa e della successiva messa al bando dei Fratelli musulmani. Difficile immaginare infatti che laddove l’analfabetismo è intorno al 38% la lettura ragionata della Costituzione – con luci e ombre, parità dei sessi, diritti civili, bando dei partiti religiosi, ma anche la possibilità di processi militari ai civili – diventi improvvisamente l’attività principale del tempo libero.
I generali hanno chiesto dunque carta bianca per guidare l’ennesima transizione dopo essere finiti nelle mire dei rivoluzionari nelle settimane successive alla caduta di Mubarak proprio per essersi intitolato il passaggio di poteri. Una duplice vendetta in qualche modo, verso i da sempre nemici Fratelli musulmani e, ma anche verso, l’indomita piazza Tahrir, troppo lesta nel 2011 a smettere di tirare fiori ai carri armati e passare ai sassi.
La risposta dell’Egitto, da settimane preda di una sorta di Sisi-mania che moltiplica le immagini del generale dai cioccolatini alle lattine di olio per cucinare, era prevedibile. Sebbene i risultati non siano ancora ufficiali, pare evidente che il sì abbia vinto massicciamente. Ma è inaspettatamente altrettanto evidente che la partecipazione non sia stata oceanica: in proporzione nulla di comparabile con i milioni di persone (si dice fino a 30 milioni) che il 30 giugno scorso invasero il paese chiedendo di fatto ai militari un intervento contro gli islamisti al potere.
Solo pochi giorni fa il generalissimo al-Sisi spiegava che si sarebbe candidato solo in presenza di una fortissima investitura popolare, lasciando andare nel frattempo avanti avversari assai più deboli come il collega Sami Anan, Amr Moussa, l’ex premier di Mubarak Shafiq, l’ex Fratello musulmano Aboul Fotouh. Secondo gli analisti, l’uomo al momento più potente dell’Egitto aspetterebbe i risultati del referendum per accreditarsi la legittimità di quello che i pro Morsi chiamano “golpe sanguinario” (oltre mille dimostranti sono stati uccisi negli ultimi 5 mesi) e i governativi “seconda rivoluzione”. Sebbene i media ufficiali parlino di enorme affluenza referendaria con il 95% dei sì, fonti meno militanti ipotizzano che il dato potrebbe essere intorno al 42%, superiore rispetto al 33% con cui passò nel 2012 la Costituzione voluta dai Fratelli musulmani (i sì furono il 66%), ma non travolgente. Cosa è accaduto?
Mentre gli osservatori internazionali, tra cui il Carter Center, denunciano irregolarità e forti pressioni per votare a favore (ma anche intimidazioni per impedire l’accesso alle urne) e un rapporto di One World Foundation suggerisce che una gran parte degli egiziani si sia espressa per consegnarsi all’esercito senza aver neppure letto la Costituzione (non diversamente dunque da come avevano fatto poveri e analfabeti con i Fratelli nel 2012), le persone in coda ai seggi (in maggioranza almeno over 40) dicono che hanno votato i copti, la classe media, gli imprenditori economicamente esangui a causa dell’instabilità, molte donne, ma che invece i giovani, anima del 25 gennaio 2011, sono rimasti a casa.
Al di là dei pro Morsi che invitavano al boicottaggio per protestare contro il regime sotto cui sono già stati imprigionati 11 mila membri della Fratellanza (compresa l’intera leadership), i rivoluzionari liberal e moderati, compatti a giugno contro la “despotica democrazia” dei Fratelli musulmani, sono oggi spaccati. Tanti, consapevoli di rischiare il passaggio dalla padella alla brace, ammettono di non aver scelta e di preferire un “fascismo militare” , a questo punto possibile, “fascismo militare” allo sperimentato “fascismo islamico”. Tanti altri invece, dopo mille mal di pancia, hanno deciso di non votare o di votare no, non tanto contro la Costituzione (da quasi tutti giudicata buona) ma contro la svolta autoritaria dell’esercito che, per esempio, ha fatto approvare al governo a interim una durissima legge contro le manifestazioni non organizzate in base alla quale nelle settimane scorse sono stati incarcerati numerosi attivisti non legati ai Fratelli musulmani ma avversi al golpe (tra loro alcuni membri del Movimento 6 aprile).
A tre anni dalla fine del regime di Mubarak, l’Egitto sembra ancora stritolato nel vecchio muro contro muro, esercito (che controlla circa un terzo dell'economica) contro islamisti (che controllano, o controllavano, la parte delle campagne povere e analfabete e che ha il suo zoccolo duro nella piccola e media borghesia). Con l’aggiunta gravissima di un perdurare dell’incertezza che ha prodotto il tracollo del turismo, l’impennata della disoccupazione, un’economia esangue tenuta in vita solo dai soldi del Golfo (specialmente Arabia Saudita e Kuwait in chiave anti Qatar) e il parziale isolamento da parte di una comunità internazionale ostile al golpe (gli Stati Uniti starebbero però scongelando i 1,5 miliardi di dollari sospesi a ottobre per protesta). Per questo l’egiziano medio ha partecipato al referendum, sperando che arrivi “un uomo forte” a salvare il paese dal caos.
Ma non è affatto detto che la storia finisca qui. E non solo perché entro sei mesi ci saranno le elezioni presidenziali e poi quelle parlamentari, al termine delle quali l’esercito, giura, ormai sempre meno persuasivamente, che la road map e il proprio ruolo sarà finito. I giovani (e anche qualche meno giovane) che hanno voluto la cacciata di Morsi, il secondo Faraone in un paese che non vuole tollerarne più, si sono fatti da parte disertando il referendum, né con gli islamisti né con i loro autoritari nemici, una terza posizione che è ancora immatura ma che potrebbe avere in sé i semi di un passo avanti.
Francesca Paci, giornalista de La Stampa.