venerdì 3 maggio 2013

Siria: manuale per distruggere un paese, la sua gente , storia, cultura

Un materasso ospita più persone che si dividono il giaciglio e le ore di sonno. Vivono ammassati, in pochi metri quadri. Sotto ogni tenda sono almeno in dieci. Manca l'acqua e i servizi igienici sono al limite della sopravvivenza. Nel campo profughi di Za'atari, in Giordania, le condizioni di vita sono sempre più critiche. In tutto ci sono 100.000 persone fuggite dalla guerra in Siria. Ogni giorno ne arrivano 2.000. Una situazione difficile che coinvolge gran parte dei campi che ospitano i siriani scappati dal loro paese. Il numero di rifugiati nei paesi confinanti con la Siria continua ad aumentare e la comunità internazionale rischia di non riuscire a rispettare gli impegni assunti per aiutare il popolo siriano, le cui condizioni diventano ogni giorno più disperate. Il Libano ha accolto un numero di rifugiati che, in proporzione alla sua popolazione, equivarrebbe all'arrivo in Europa di 50 milioni di persone. E poi ci sono 7 milioni di individui che che hanno bisogno si assistenza umanitaria all'interno della Siria.
Molte Ong stanno lanciando appelli al  Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affinché dia il proprio sostegno per migliorare l'accesso agli aiuti, utilizzando la propria influenza per spingere il governo siriano e i gruppi di opposizione ad assicurare che gli aiuti raggiungano coloro che ne hanno più bisogno, senza subire blocchi alle frontiere di Giordania, Libano e Turchia.
"Rispondere a questa crisi è adesso la nostra assoluta priorità.  Il mondo rischia di aiutare non riuscire a rispettare gli impegni assunti per aiutare  il popolo siriano proprio nel momento in cui ne ha più bisogno.. Ogni giorno la situazione in Siria si fa  più disperata per tante persone, ma fornire una risposta umanitaria adeguata è estremamente difficile. Le restrizioni poste all'accesso degli aiuti significano che troppe persone vulnerabili non stanno ricevendo l'aiuto al quale hanno diritto."
Fra le emergenze, va ricordato l'impatto che due anni di conflitto stanno avendo sulle risorse idriche e sulle strutture igienico-sanitarie, sopratutto per l'effetto domino che ciò produce sulla salute delle persone e il rischio di malattie. Anche perché oggi 1.3 milioni di rifugiati siriani vivono nei paesi confinanti. "Lo sforzo teso a dare assistenza lungo i confini è partito in modo lento e ora è necessario che subisca un'accelerazione significativa. Un'assistenza umanitaria di gran lunga maggiore è necessaria, ma temiamo che invece di migliorare, nelle condizioni attuali, sia destinata a rimanere inadeguata.
Nel campo giordano di Za'atari continuano ad arrivare sempre più persone e le strutture a disposizione sono insufficienti. Oxfam ha installato bagni, docce, aree per il bucato, per aiutare 20.610 persone nel campo. In Libano Oxfam è riuscita ad assistere 30.154 persone che vivono abitazioni o all'interno dei pre-esistenti campi profughi palestinesi attraverso la fornitura di kit igienici di prima necessità e la fornitura voucher per l'acquisto di alimenti e beni di consumo. Quando i rifugiati giungono in Giordania e Libano sono traumatizzati e spaventati per il futuro. Se aumentano i bisogni degli sfollati siriani e dei rifugiati, è un dovere aumentare anche la risposta.
Ma la  repressione e le violenze dei miliziani del regime di Bashar al Assad non si arrestano. Nella giornata di giovedì 2 maggio l'aviazione fedele al presidente siriano ha bombardato e distrutto un altro dei simboli della nazione (dopo la Grande moschea di Aleppo, fatta a pezzi il 24 aprile), il ponte sospeso sull'Eufrate nella città orientale di Deir Ezzor.
IL MASSACRO di  BAIDA. Poi, in serata, militari del regime hanno perpetrato l'ennesimo massacro uccidendo 50, forse 100 persone in un assalto al villaggio costiero di Baida. Un episodio quest'ultimo sul quale l'Osservatorio siriano ha reso noto anche drammatici particolari precisando che tra le vittime vi sono donne e bambini, molti uccisi con colpi d'arma da fuoco alla testa.
CADAVERI CARBONIZZATI. Molti tra gli uccisi sarebbero stati invece ammazzati a coltellate e che altri corpi sono stati trovati carbonizzati. La cittadina di Baina era sotto pesante attacco da giorni da parte dei soldati di Damasco che, secondo quanto detto dagli attivisti, stanno cercando di realizzare un corridoio sicuro da Homs fino alla città costiera di Banias. E Baida, come Maqreb (altra località sotto pesante attacco), è poco distante.
Tutto questo è successo nel giorno in cui si sono fatte più insistenti le voci su
imminenti dimissioni dell'inviato Onu-Lega Araba per la Siria, Lakhdar Brahimi, e in cui l'esercito sembra tornato all'offensiva contro i ribelli anche nelle regioni chiave di Homs e nella costa per «bonificarle dai terroristi».
IL PONTE SULL'EUFRATE COSTRUITO NEL 1927. Non è ancora chiara la dinamica della distruzione del ponte, costruito nel 1927 da ingegneri francesiNon è ancora chiara la dinamica della distruzione del ponte, costruito nel 1927 da ingegneri francesi durante il periodo del mandato (1920-1946). La sagoma della struttura sospesa era anche riprodotta su un taglio delle banconote siriane. Secondo le prime informazioni, ancora da verificare in modo indipendente, l'aviazione del regime, assieme all'artiglieria, avrebbe ripetutamente preso di mira il ponte - che collegava l'alta Mesopotamia con il Levante arabo - fino a far crollare in acqua la passerella sospesa fra i tre alberi portanti.
VOCI  di  HEZBOLLAH CON LE MILIZIE di  ASSAD. Mentre al confine con la Turchia una guardia di frontiera turca è stata uccisa - secondo media di Ankara - da contrabbandieri siriani probabilmente vicini ai ribelli che controllano ampie porzioni della frontiera, forze fedeli al presidente Assad sono riuscite a spaccare in due il cuore di Homs in rivolta, conquistando il rione di Wadi as Sayeh, che divide Khaldiye dal centro storico e facilitando l'accesso dei lealisti alla zona solidale con i ribelli. Testimoni vicini alla rivolta parlano della presenza di miliziani sciiti Hezbollah e di siriani addestrati in Iran, ma la circostanza non può essere verificata attraverso fonti indipendenti.
SCONTRI A BANYAS. Sulla costa, per la prima volta dallo scoppio dell'insurrezione armata si sono registrati scontri tra ribelli e miliziani filo-regime nei pressi di Banyas, porto a maggioranza sunnita circondato da un entroterra alawita (minoranza sciita a cui appartengono gli Assad). Attivisti locali denunciano «uccisioni di massa» da parte di milizie alawite, ma anche in questo caso non si hanno conferme verificabili. A Est di Damasco, i governativi sono riusciti infine ad avanzare nel loro tentativo di alleggerire l'assedio che i ribelli portano da mesi alla capitale. Mentre Baghdad ha denunciato - in assenza di ulteriori conferme - la profanazione di un santuario sciita da parte di terroristi sunniti: termine con cui il governo iracheno del premier sciita Nuri al Malikiindica i ribelli anti-Assad.

           bombardamento del ponte sull'Eufrate

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