mercoledì 31 luglio 2013

Egitto : racconti da un Paese spezzato

Il Cairo 23 luglio 2013

Il clima è molto caldo, le manifestazioni concentrate nella famigerata Piazza Tahrir , come una sorta di fluido invadono altre piazze, molte vie del centro e delle periferie.
Difficile risulta comprendere gli slogan ma,ben definite sono le aree pro e contro Morsi.
In un albergo del centro ci sentiamo rassicurati da una forte presenza di militari, tanto da  trovar tempo per intrecciare una conversazione “fuori programma” con chi da anni vive la realtà egiziana.
La voce del popolo regala sempre una nota ch talvolta può cambiar la musica.
L’interlocutore, mentre assapora una bibita,con occhio vigile, sull’andi rivieni e l’orecchio ben proteso all’ascolto , preferisce mantenere l’anonimato, come del resto la maggior parte delle persone alle quali si chiede una informazione al di fuori dell’ufficialità.
E’ un docente di diritto presso l’università del Cairo, presso la quale Lui stesso si è laureato. Anni dichiarati 60!
Gli concedo tempo, per poi lanciargli una domanda che non riuscivo più a contenere:
“Ma Lei, concorda con gli analisti ch prospettano uno scenario da guerra civile?”
“Si. E’ uno scenario che è affiorato nella mia mente il giorno stesso dell’elezione di Morsi a Presidente. Non la temo, perché temo l’intransigenza dell’esercito che sta scatenando la reazione di vendetta degli islamisti ma perché vede, nel codice della Fratellanza Musulmana la spartizione delle cariche, l’idea di rappresentanza è pressoché assente.”

“Capisco che non è un concetto facile da esprimere, ora qui. L’Islam politico, dal suo punto di vista è compatibile con la democrazia?”

“Il Fronte di Salvezza Nazionale , proprio qualche ora fa ha diffuso appelli favorevoli al dialogo e penso che sia una dichiarazione credibile. Penso che nei futuri assetti politici tutti i Fratelli verranno accolti e si avvarranno dei diritti di tutti. Non mi sembra che Il Fronte abbia alcuna intenzione di bandire dalla i Fratelli dalla scena politica o di incarcerarli. Qui non si parla di golpe , bensì la definirei una situazione di completamento della rivoluzione del 25 gennaio di due anni fa.”

Prof. D. i Fratelli Musulmani sono ancora in gioco?”
“Durante la loro breve esperienza governativa hanno avuto modo di organizzarsi, Hanno aperto numerose sedi di partito, Hanno ricoperto cariche istituzionali, tenuto comizi e gestito uno dei più importanti giornali governativi. Hanno potuto parlare agli egiziani, hanno avuto la possibilità di gestire l’opinione pubblica, da noi molto importante. Forse non sono riusciti a scalfire l’anima degli egiziani, anzi con alcuni loro comportamenti ed emendamenti hanno creato malcontento, rabbia, hanno deluso le loro aspettative. Pensiamo che nel programma presentato da Morsi si prevedeva una ricostruzione dell’Egitto, ridando dignità agli egiziani,prevedendo uno stato non teocratico. Voleva dare spazi sempre più autorevoli e maggiori alle donne nella società egiziana, ma poi….alla fine si è rivelato un  rais, attribuendosi ampissimi poteri, e rendendo non impugnabili i suoi decreti presidenziali. Ha spaccato in due il Paese.”
“In effetti come ben possiamo sentire ci sono due cori ben contraddistinti”
“Si perché anche se Piazza Tahrir e il movimento Tamarrod, rimane la maggioritaria, non dobbiamo dimenticare l’altra piazza, quella dei Fratelli Musulmani. E’ vero che hanno subìto una sconfitta, ma sono ben radicati nella società da 80 anni,e durante questi anni i militanti che li sostengono sono aumentati. La partecipazione alla rivolta contro Morsi è stata senza dubbio consistente però, non va sottovalutato ciò che dicevamo prima che ci troviamo di fronte ad un Paesespezzato. Il movimento Tamarrod e il Fronte del 30 giugno non rappresentano tutto il Paese. Anche nella rivoluzione del 2011, anche oggi una grande parte dell’Egitto non approva quanto è accaduto e no riesce ad esprimere il proprio dissenso.”
E’ uno scenario nuovo per l’Egitto.
Mosa’ab Elsamy è un fotoreporter egiziano seppur rammaricato per gli avvenimenti, racconta rivivendo con la stessa emozione e coinvolgimento i fatti del 27 luglio, pochi giorni fa, quando si sono contati morti e feriti.
“Mi sono recato a Raba’a al Adaweya alle prime ore, dopo che avevo sentito che il Ministro degli interni  voleva sgomberare il sit in. Io naturalmente volevo essere li per documentare i fatti, è il mio lavoro.
Sono arrivato col taxi fino a Nasr Street alle 2 del mattino, il mio taxi è stato bloccato da un cordone di forze speciali e siamo stati invitati a tornare indietro. Io naturalmente ho proseguito a piedi, spostandomi nel secondo cordone vicino a Raba’a dove ho incontrato altri colleghi che erano arrivati prima di me.
Gli scontri erano già cominciati, era impossibile fare riprese , per cui ho deciso di ritornare indietro entrando dall’altro lato riuscendoci.
Erano circa le 3mattino, si percepiva una certa tensione, conosco quel sit ma non c’era il clima di sempre.
Poco dopo sento un uomo che con tono ben deciso urlava di “tenersi pronti per aiutare i fratelli la fuori”. Si sono formati dei cordoni in mezzo alla folla. Prima ancora che riuscissi a chiedere che cosa stesse accadendo vedo un’ambulanza che trasporta un uomo deceduto.
Ho cercato di avvicinarmi agli scontri ma, il buio, il fumo bianco dei lacrimogeni che veniva illuminato a tratti dalle luci dell’ambulanza e delle moto, che correvano per trasportare i morti e i feriti.
Il suono degli spari era continuo, incessante anche se li percepivo un po’ distanti da dove mi trovavo. A questo punto ho pensato bene di tornare verso Rab’a, cercando di arrivare poi all’ospedale da campo.
Li ho trovato il caos.
Erano circa le 4 quando sono riuscito a farmi strada in mezzo ai cadavere , mi fu chiaro a quel punto che la situazione era precipitata nel giro di poco tempo. Da un medico seppi che i morti erano 8 e più di 500 feriti.
Mi resi utile cercando di liberare i letti prima dell’arrivo dei feriti, ma presto lo spazio venne tutto occupato. Ho visto più di 30 feriti da arma da fuoco, colpiti alla testa,nelle gambe, al petto.
Pochi di loro sono sopravvissuti.
Dopo un’ora avevo la sensazione di trovarmi più in un obitorio che in un ospedale.
Con la luce del sole mi sono sentito di uscire per raggiungere i fronte dei combattimenti.

Ogni due minuti circa un uomo cadeva colpito.
Nasr Street è una strada molto larga , per cui era difficile capire da quale parte provenissero i proiettili. Gli spari erano indiscriminati e la polizia ha mantenuto un buon autocontrollo.
Ho visto un uomo, proprio davanti a me, cadere nello stesso posto in cui era in piedi; un colpo secco alla testa. Spaventoso.
La polizia era affiancata da civili armati. Queste persone sembravano i residenti del posto, perché ricordavo di averli già visti al mattino presto.
Sia i civili che la polizia sparavano ai sostenitori di Morsi. Senza alcun aiuto ,i sostenitori di Morsi s riparavano come potevano, lanciando sassi e fuochi d’artificio contro la polizia.
I militari no hanno preso alcuna parte all’assalto. Il loro coinvolgimento è stato marginale, si sono limitati a sparare in alto quando le due fazioni si facevano troppo vicine diventando dei veri e propri target gli uni degli altri.”
Le versioni sono però contrastanti;La Fratellanza Musulmana ha in effetti diffuso un video di bambini morti, imputandone l’omicidio ai militari, quando si trattava di immagini riprese in Siria. Questo a riprova che “alcuni” sostenitori di Morsi sono coerenti con l’onestà e la trasparenza dichiarata.

La tragedia di Rab’a è stato n gesto insensato, ingiustificato.
Compiuto dalla polizia, fiancheggiata da civili armati, con la compiacenza dei militari che non hanno saputo intervenire con maggior determinazione.
Questi ed altri recenti orrori, tormenteranno e lacereranno questa nazione che, giorno dopo giorno, sta perdendo il suo aspetto umano assumendone uno mostruoso.

La tragedia di Rab’a è costata la vita a 58 persone e ad un numero imprecisato di feriti anche gravi.